Intervista sulla mitica Band irlandese/ Parte prima

Una passione che dura da sempre: gli U2 per Gabriel Canelles, sono più di una band musicale, sono quasi la sua stessa vita. In questa prima parte di intervista, ci racconta quando ha cominciato ad essere un suo fan…e quanto loro siano diventati come il suo migliore amico che “c’è sempre, in ogni momento della vita”.

Ci racconti del tuo rapporto con gli U2, quando sei diventato fan, come vivi oggi la tua passione, cosa rappresenta per te la Band di Dublino?

joshua-treeSe ti dovessi descrivere in due parole, direi: gli U2 per me sono come il migliore amico d’infanzia, quello con cui hai vissuto e condiviso tutto, da sempre. Non è detto che sei sempre a casa sua, ma sai che c’è e quando alzi il telefono è come se non fosse passato nemmeno un giorno dall’ultima volta che l’hai visto.
Sono diventato fan a 3-4 anni. A casa si ascoltavano gli U2 (sono nato nell’84 , quindi quando avevo 3-4 anni, erano al loro primo apice nel decennio). Ascoltavamo, guardavamo “Rattle and Hum” ed avevamo un paio di loro dischi: “The Joshua Tree” e “The Unforgettable Fire”. Sono sempre stati presenti. Da quando ho ricordi, ricordo la loro musica.

Immediatamente il piacere è diventato fanatismo, già a 4-5 anni ricordo nitidamente di aver passato ore a vedere i loro video sulle cassette e a scimmiottare Bono con degli improbabili microfoni mezzi rotti. Mi ero persino creato una batteria con pentole e scatoloni e suonavo “With or without you” usando le bacchette dei ristoranti cinesi come “bacchette da batterista” .
Era un bel gioco, una musica che mi prendeva istintivamente.
Non saprei con esattezza dire quando è iniziata, so solo che c’erano! Dopo un po’ di tempo la cosa si è sviluppata e mi ha portato, in generale, a conoscere meglio la musica, non solo degli U2. Loro però sono rimasti per me un riferimento costante, un pallino fisso, un punto fermo, fino a spingermi a fondare verso i 15 anni, una “proto tribute band” degli U2, che poi diventò nel tempo una vera “Tribute band” chiamata LEMON .

Quando era il momento di ASCOLTARE e non solo SENTIRE, allora c’erano gli U2. Oggi sono passato dal fanatismo e la venerazione, alla passione condita con fanatismo e venerazione, ecco. Il lavoro che ho intrapreso mi spinge da un lato a sentire molta musica, dall’altro loro sono meno attivi, producono dischi e tour con meno frequenza; ma ogni volta che esce una loro novità, la “malattia” si riaccende e passo almeno un anno dietro al loro disco, lo consumo, ascolto di nuovo i vecchi, vado ai concerti. Non esistono solo le canzoni ufficiali, ma è presente tutta una giungla di live- bootleg-b/sides e versioni semi sconosciute, che negli anni ho imparato a memoria.

È stato scritto molto su di loro, ma fra tutti i libri dedicati agli U2, diversi trattano il tema dell’interpretazione dei testi scritti da Bono in chiave religiosa e spirituale; fra questi, “In the name of love” di Andrea Morandi e “On Your Knees” di Barbara Marinello. Conosci questi testi? Che ne pensi?

u2_youngAmmetto di non aver letto questi libri, o forse sì, ma non me ne ricordo. Ho letto altri libri su di loro, ho letto anche libri sui testi e le loro musiche, ho visto speciali, ho frugato tra le loro vite da buon fan malato! Su Bono ed il suo modo di scrivere posso dirti quanto ho appreso (premettendo che non l’ho ancora mai incontrato e non mi ha mai confidato niente nell’orecchio!). Bono, in realtà , non è propriamente un “parrocchiano” che nell’opinione pubblica poco esperta si pensa lui sia (innanzi tutto perché non è cattolico ma di confessione religiosa protestante).
Bono è un ragazzo irlandese nato nel 1960 a Dublino, ha vissuto nell’adolescenza diversi periodi bui: come la morte della madre a 14 anni per un ictus, mentre era al funerale del nonno materno. Ha avuto un rapporto difficilissimo con un padre che non riusciva a controllare un adolescente così sconvolto e in piena fase di ribellione, in un’Irlanda divisa, insanguinata dal terrorismo e in una profonda crisi di identità.

Nella Dublino della metà degli anni ’70, un ragazzo con la sua storia ha due possibilità:
• diventare un punk e passare la vita a farsi di droghe, tirare merda di cane ai professori (l’ha fatto davvero) e andare lentamente verso l’autodistruzione;
• diventare un musicista ed esorcizzare attraverso la vita da band, mettendo la musica sopra tutto.

Ovviamente per nostra fortuna scelse la seconda. Quindi quando parliamo di Bono parliamo di una persona estremamente sensibile, è profondamente credente, ma resta un curioso provocatore di natura! Nel loro primo disco “affronta” la morte della madre, i suoi problemi adolescenziali, parla di vita e morte, non di Dio. Ebbe un periodo, in effetti, negli anni ‘80 in cui frequentò con Edge e con Larry una comunità evangelica locale. Quindi in parte nei suoi brani c’è Dio e la fede, ma quasi mai è una RISPOSTA. Il più delle volte in cui Bono tira in ballo il concetto di Dio lo fa per interrogarsi o per interrogarlo; da buon protestante non ha quasi mai una risposta, ma pone domande.
Dopo gli anni ‘80 ha passato 10 anni a scrivere di sesso, del rapporto fra uomo e donna, scrive del rock ‘n roll e dei deliri a cui porta; è contro un sistema TELEDIPENDENTE verso il quale la nostra società occidentale si è ormai infognata. Solo in età più matura troviamo un Bono meno dubbioso e più saggio, più politico forse e meno concentrato sull’ironia o sulle scritture artistiche poetiche. È diventato un cantastorie, un autore che racconta situazioni e pensieri. Immagino come tutti noi quando arriviamo ai 40-50 anni. Vi farò sapere, mi manca ancora qualche anno!

Se dovessi descrivere gli U2 con un passaggio di un loro testo, quale sceglieresti?

u21991, Album ACHTUNG BABY, la loro canzone forse più famosa: ONE. Molti hanno sempre ascoltato ONE come fosse una canzone d’amore. Sicuramente può anche essere letta così, i testi di Bono sono favolosi, almeno fino alla fine anni 90’, perché sono vere poesie, aperte a tante letture.
Ma ONE originariamente venne scritto in un momento durissimo in cui la band era sull’orlo della rottura, erano appesi ad un filo. Poco prima di ACHTUNG BABY, la band era seriamente orientata a sciogliersi e a chiudere tutto. Gli U2, a differenza di altri gruppi, non sono stati creati e messi insieme da una etichetta, non erano musicisti tecnicamente super dotati come tanti in quel periodo, non erano arrivati da ambienti ricchi e non erano figli d’arte. Erano 4 compagni di liceo, amici, fratelli che hanno navigato spalla a spalla nell’oceano assurdo delle rock star. La loro forza era la loro genuinità, il loro legame umano. E quando questo legame ha iniziato a venire meno, il gruppo è entrato in crisi nera. In ONE il testo dice: “La speranza di poter tornare ad essere UNO, nonostante si sia diversi”.

“…we’re one , but we’re not the same
we get to
carry each other
carry each other
ONE…“
In questi pochi versi credo ci sia la storia degli U2 e il motivo per cui sono sopravvissuti in tutti questi anni, mentre mille altre band di successo sono via via scoppiate o scomparse dopo pochi anni di attività.

Anni fa, da un articolo di Michele di Giannantonio, la band dichiarò in un’intervista: “I nostri occhi sono aperti oltre il limite di ciò che circonda”, in cui emerge la loro versatilità e la capacità di mutare pelle tuffandosi in progetti musicali e territori musicali sperimentali da esplorare con curiosità, come nella “Vorsprung durch Tecnik” di Zooropa ad esempio. Da esperto e fan, che qual è il tuo pensiero in merito? Che cambiamenti hai visto e vedi nel corso degli anni?

bono-vox-concertCi sarebbe da scrivere un trattato ad ogni domanda!
Sì, la frase “Vorsprung durch Tecnik” fa parte della canzone ZOOROPA. L’album inizia proprio così:
“ ZOOROPA … Vorsprung durch Tecnik”
“Zooropa” viene pubblicato subito dopo “Achtung Baby” e durante lo “ZooTv Tour”, un tour dove gli U2 hanno dato sottolineato tutte le assurdità della società televisiva, laccata, benpensante nella quale Europa e Stati Uniti, soprattutto in quegli anni, erano imbevuti. Zooropa è un CONCEPT album, che in buona parte critica, con lungimiranza, lo stile di vita viziato e perbenista della cultura occidentale. L’album è la conseguenza dello “ZooTv Tour”, ma in realtà, secondo me, non è strettamente collegato al precedente album, o almeno non è il punto centrale. Il tour aveva dato alla band la possibilità di giocare con le immagini, con gli stereotipi, impersonando personaggi assurdi più simili a residui del rock o ai residui della Tv spazzatura che non a loro stessi. Hanno indossato una maschera per vivere più facilmente il bipolarismo nel quale da uomini e rock star erano sottoposti: ragazzi normali, padri di famiglia , dubliners DOC da un lato e rock star mondiali, celebrità venerate ed ascoltate dall’altro. Con lo “ZooTv Tour”, hanno sfatato miti e preso la palla al balzo per divertirsi prendendosi in giro, prendendo, neanche troppo velatamente, in giro lo show business e tutto quello che gli gira intorno, criticando alcuni aspetti plastificati della nostra società!

In quel tour gli U2 sono stati dei pionieri, con una visione del futuro, inserendo innovazioni e sperimentazioni musicali. Negli anni ’80, The Edge con Brian Eno, hanno praticamente inventato la “Infinite Guitar” (che è la caratteristica di “With or without you”), hanno fatto uso di effetti al tempo poco convenzionali, il vero marchio di fabbrica degli U2. Se negli anni ’80 si sentiva che erano orientati all’innovazione, negli anni ‘90 hanno decisamente fatto un salto avanti. Nello “ZooTv” del ’92 si sono portati in giro un palco con delle trabant appese sopra, una vera stazione televisiva attiva sul palco e decine e decine di schermi Tv. Dal punto di vista tecnico, attraverso le luci e le scenografie hanno sempre semplicemente cercato di stupire. Nel 1997 si sono portati in giro per il POPMART TOUR uno schermo (parliamo del 1997) delle dimensioni di un campo di calcio ed uscivano a metà concerto da un limone che era poi una palla da discoteca. Più recentemente durante il 360° Tour, negli stadi portavano in giro una struttura che sembrava una mega antenna Radio con sotto un palco circolare in modo che potessero essere sempre tutti frontali al pubblico. Sono persone curiose ed affascinate dalle novità, altrimenti non sarebbero gli U2 se si fossero sempre accontentati di quello che avevano.

Nella tua playlist quali canzoni degli U2 non possono mancare? Quale in particolare ti piace suonare e perché?
Aiuto, qui è durissima!
Da ascoltare: (provo ma non è realistica ovviamente, sono molte di più)

• “MLK”: la canto a mio figlio per farlo addormentare da quando è nato. E se lo faccio è perché mi piace molto.
• “Where The Streets Have no Name”, non c’è da chiedere perché, basta ascoltarla.
• “Kite”, è una canzone struggente, con un testo che tocca corde profonde dell’animo umano.
• “Acrobat”, la canzone che ha accompagnato tutta la mia adolescenza.
• “Please”, da ascoltare dal “vivo”.
• “With or Without you” , la versione originale è fra i miei primi ricordi musicali.

Da suonare, cerco di regolarmi ma ovviamente sono tutte fantastiche:

• “Where the streets have no name”…prova a suonarla e cantarla a tutto volume e poi mi dici!
• “I will follow”, è un capolavoro, non c’è che godimento a suonare un capolavoro!
• “Bad”, è come “Where the streets have no name”. Prova a cantarla con una band che la sa suonare. Finisci la voce ma vai a letto pieno di adrenalina e, se il brano prende la piega che deve prendere… rischi un infarto!
• “I still haven’t found what I’m looking for”: perché è un capolavoro, non puoi che godere mentre la suoni. Il testo poi è uno dei miei preferiti, e cantarlo mi emoziona.
• “Zoo Station”: è una vita che non la canto e suono come si deve. Ma quando l’ho fatto, ero esaltato come difficilmente mi sono esaltato nella vita.
• “Love is Blindness” : da ascoltare la versione del vivo dello Zootv Tour e l’assolo finale di The Edge. Poi si capisce perché, dopo che l’hai provato una volta, non puoi più farne a meno. Speri solo di poter essere una sola altra volta su un palco e sentirtela nelle ossa.

 

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